Anna Frank tifa Roma o Lazio? Il triste derby capitolino per il primato dell’antisemitismo


di Carlo M. Miele

Tre pacchi con teste di maiali indirizzati alla comunità ebraica di Roma: uno alla sinagoga, uno all’ambasciata israeliana e un terzo al museo di Roma, che in questi giorni ospita una mostra sulla Shoah. E poi nuove scritte a offendere la memoria di Anna Frank nel quartiere Montesacro. Il tutto a poche ore dal Giorno della Memoria.

A chi gli chiede chi siano gli autori di un tale gesto, il presidente della Unione delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna risponde, su Repubblica, che “si tratta di frange marginali, gruppi minoritari”.

Quello che è certo è che nella capitale l’antisemitismo ha una tradizione non trascurabile, che negli ultimi anni sta conoscendo un vigore senza precedenti. E uno dei terreni sul quale ha potuto e continua a esprimersi con più forza e libertà è quello del tifo calcistico.

In questo particolare ambito, Roma e Lazio uguali sono. Le vecchie collocazioni politiche (a destra gli ultras della Lazio e a sinistra quelli della Roma) sono superate da almeno un ventennio.  I supporter di entrambi i club capitolini oggi fanno a gara per fregiarsi del titolo di tifoseria più antisemita, in un triste derby che si gioca lontano dal rettangolo verde, nelle curve e nelle strade.

Si tratta di “gruppi minoritari”, certo, che però da tempo operano indisturbati, aggirando senza troppi problemi la normativa formalmente sempre più rigida in tema di discriminazione razziale, religiosa e territoriale.

Proprio Anna Frank è diventata da un anno la protagonista involontaria dello scontro tra gli antisemiti di fede giallorossa e biancoceleste.

Solo un paio di mesi fa, nel quartiere Monti e in altre vie della capitale sono comparsi degli adesivi raffiguranti l’immagine dell’adolescente ebrea tedesca, simbolo della persecuzione attuata durante il nazismo, con addosso la maglia della Roma.

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Si trattava dell’ennesima provocazione giocata tra laziali e romanisti per determinare quale, tra le due tifoserie capitoline, fosse “più ebrea”.

Il giochino va avanti da anni, indisturbato.

Il 26 maggio scorso all’Olimpico si gioca la finale di Coppa Italia tra la Roma e la Lazio. I biancocelesti vincono sul campo, con una rete al 71′ di Lulic. Ma a fare notizia è anche uno striscione esposto in curva nord, rivolto ai rivali cittadini: “La storia è sempre quella, sul petto vuoi la stella”.

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Il doppio senso si gioca sulla confusione tra la stella d’argento che i romanisti avrebbero potuto stampare sulle proprie maglie in caso di vittoria (per le dieci Coppe Italia vinte) e quella gialla, di David, che marchiava il popolo ebraico durante la persecuzione nazista.

Negli stessi giorni, altre scritte di pari tenore appaiono nelle strade della Capitale: “Romanista ebreo”, “Ecco la tua stella”.

Niente di nuovo. I romanisti, infatti, non si scompongono, ma rispondono a tono, un paio di mesi più tardi. È il 22 luglio e si festeggia l’86esimo compleanno della As Roma. I supporter giallorossi colgono l’occasione per imbrattare i muri del quartiere Testaccio, tra via Zabaglia e piazza Santa Maria Liberatrice, con scritte antisemite: “SS Lazio Juden”, “Anna Frank tifa Lazio” e “Laziale sionista”, tra le tante.

Testaccio, scritte antisemite contro i tifosi della Lazio 3

Come si è visto in passato, in nome della discriminazione, razziale o religiosa, talvolta si superano anche le differenze di fede calcistica. E dai semplici slogan si passa anche alle vie di fatto.

E’ il caso della aggressione congiunta ai danni dei tifosi del Tottenham Hotspur, la squadra degli ebrei di Londra, compiuta in un pub di Campo de’ fiori nel novembre 2012 alla vigilia di un match di EuropaLeague [1].

A chi si interrogava sul movente del raid, il giorno dopo, in occasione della partita con gli inglesi, la curva nord dell’Olimpico fornì un suggerimento, intonando il coro “Juden Tottenham, juden Tottenham”.

Coro cantato nuovamente qualche giorno dopo, durante una partita di campionato con l’Udinese, ma con una leggera variante:

Se poi si va più indietro nel tempo, gli esempi si sprecano.

Da ricordare è lo striscione esposto dai romanisti nel gennaio 2006, in occasione della gara tra Roma e Livorno: “Lazio-Livorno: stessa iniziale, stesso forno”.

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O quelli della curva Nord in occasione dei derby del 2001:

“Squadra di negri, curva di ebrei”

e del 1998

“Auschwitz la vostra patria, i forni le vostre case”

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A quali gruppi sono riferibili queste scritte?

Le indagini degli ultimi giorni sui pacchi inviati alla comunità ebraica si stanno indirizzando verso i soliti noti della galassia dell’estrema destra romana. Sui media sono girati i nomi di alcune sigle che proprio nell’antisemitismo hanno trovato la propria notorietà, da Stormfront a Militia.

Più difficile è trovare i collegamenti all’interno delle curve. Una decina di anni fa il Viminale sottolineava che:

Per quanto riguarda le tifoserie di estrema destra, particolare cenno meritano quelle della Roma e della Lazio per il loro stretto legame con il movimento di estrema destra romano (…) L’infiltrazione di Base Autonoma all’interno delle due curve ha contribuito a superare la storica rivalità tra le due tifoserie, i cui aderenti, oramai uniti dal medesimo orientamento politico, sono soliti partecipare anche ad iniziative di piazza.

Da allora nelle due curve dell’Olimpico, e nell’ambito del movimento ultras, sono cambiate molte cose. Ma semi sparsi stanno dando oggi i propri frutti.

Per Vittorio Pavoncello, presidente della Federazione Italiana Maccabi e consigliere Ucei, “nelle curve della Lazio e della Roma c’è un virus di razzismo e antisemitismo difficile da debellare”.

In un altro rapporto del Viminale, datato novembre 2013, si sottolinea il ruolo ampiamente maggioritario dell’estrema destra nelle curve italiane. Inoltre si evidenzia come, sotto l’aspetto della discriminazione razziale, “Le tifoserie che più si sono messe in evidenza sono quella della Lazio, seguiti dalle tifoserie di Juventus e Roma”. 

Interessante è anche il quadro offerto in un articolo pubblicato da DinamoPress lo scorso luglio:

La curva Nord laziale, da sempre (e giustamente), è oggetto di inchieste, denunce, dibattiti sul rapporto tra tifo, destra neofascista e affari. (….) Questo scenario inquietante, negli ultimi anni, è stato incrinato, coraggiosamente, da diverse prese di posizioni ed esperienze di molti tifosi comuni, stanchi dell’equiparazione laziale-fascista. Lo stesso riposizionamento in curva di un vecchio capo degli irriducibili, Fabrizio “Diabolik” Piscitelli, avviene dentro un cambio di gestione che non vede nessun gruppo in posizione egemonica, in cui non sono più preminenti i segni esplicitamente fascisti, come accaduto tra la fine degli anni novanta e gli anni duemila. Non parliamo certo di una conversione politica, ma di un atteggiamento dettato da ragioni tattiche e di interessi.

A fronte di queste fibrillazioni del campo laziale, nel mondo romanista si è assistito a una sostanziale sottovalutazione dei mutamenti politici e culturali del tifo ultras. In molti casi si è creduto, in buona fede, che la storica collocazione “a sinistra” di gran parte del tifo giallorosso bastasse di per sé a difendersi dalla deriva neofascista della curva. Altri, in modo molto meno ingenuo, hanno deciso di girarsi dall’altra parte, quando una nidiata di gruppi esplicitamente fascisti conquistavano l’egemonia in curva e nell’immaginario ultras: i vecchi TradizioneDistinzione e i Boys di Paolo Zappavigna (insediati per un decennio, senza alcun problema, nel popolare quartiere di San Lorenzo), Giovinezza, Bisl, Offensiva ultras. L’esaurimento della esperienza epica del Cucs (Commando ultrà curva sud), nel lontano settembre 1999, ha prodotto due fenomeni tra loro correlati; da una parte, la rimozione delle ragioni profonde di quel cambio di stagione; dall’altra, la paradossale rincorsa – a destra – dello stile e delle parole della curva Nord laziale, tanto odiata quanto “ammirata” per la sua compattezza, gerarchia, univocità di stile e messaggi.

L’idea è che, in fin dei conti, tra i gruppuscoli protagonisti dell’antisemitismo romano, pur divisi nel tifo, ci sia sempre meno distanza: si scherza, ci si prende in giro, ma il nemico vero è uno solo, comune.

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 [1] Per quel raid sono stati condannati, lo scorso ottobre, due tifosi romanisti, accusati di aver agito insieme a supporter laziali.

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